La differenza che esiste fra chi crede in Dio da chi non crede, è nulla.
Sono due diverse “interpretazioni” (visioni) che, nella sostanza, negano entrambi la sua esistenza.
Dio non è un ragionamento razionale, ne la supina accettazione del mistero indotta dalla paura del dopo, ma un’estasi.
E’ la contemplazione disincantata e libera di una realtà che trascende da ogni pregiudizio e preconcetto, dottrina o superstizione e si manifesta in tutta la sua grandezza e bellezza quando il cuore vola oltre le parole, per aprirsi alla maestà dell’infinito.
Siamo sommersi a tal punto dall’evidenza di Dio da non accorgersi della sua incombente presenza.
Come l’aria che respiriamo e che non vediamo, così Dio esiste. E’ l’ultimo aborigeno dell’emisfero australe, chiuso al buio della sua caverna, e invisibile agli occhi del mondo. Ma quest’uomo esiste.
Dio è scoperta e ricerca. E’ quella passione sfrenata che conduce alla misura di ogni cosa, dentro un equilibrio appagante, edificante e rigenerante. Non nutre speranze, ma da certezze. Dio è pura conoscenza. Un bisogno supremo di devozione e pacificazione spirituale che ci scuote dal torpore delle nostre miserie. Dio è attenzione, concentrazione, impegno costante e, prescinde da ogni considerazione soggettiva, prova logica e traduzione empirica. Dio non è intelligenza divinatoria, ma sobrietà - non è numero o parola, ma afflato.
Negare la sua esistenza, corrisponde a non riconoscere la vita dalla morte e cancellare quel confine imperituro (assunto, all’origine, a parametro assoluto di riferimento), che si frappone fra il bene al male, il vero e il falso, la luce e il buio.
Il credere e il non credere, sono le due facce di una stessa moneta coniata dalla Sua stessa mano. Provare sentimenti di giustizia, di solidarietà e fratellanza, sono alcuni degli effetti straordinari della sua imperturbabile presenza.
Così, chi nega, si pone a supremo giudice e attore del proprio destino, mortificando le ragioni del suo stesso esistere. All’opposto, chi crede, rinuncia alla verità, piegandosi all’ombra di un mistero che, per quanto mi riguarda, è palese.
Negare Dio, solo Dio lo può fare.
Chi mai può separare la sua fede dai suoi atti, e il suo credo dal suo lavoro? “Chi porta la sua moralità come l’abito più bello, meglio sarebbe se se ne andasse nudo”.Dio, non è, ogni azione e ogni considerazione ma, come la sorpresa e lo stupore, il dolore e la gioia, il desiderio e l’amore, Dio è – rendendo così, vana, qualsiasi disputa, antagonismo e contrapposizione.
In Dio si può credere e di Lui dubitare, ma la fede spera e il dubbio consuma.
La visione atea, che potrebbe essere interpretata come un atto di sconfinata presunzione è, (diversamente da quanto si pensi), l’estrema ratio, indotta dalla paura del dopo. Un lacerante e disperato bisogno, di dare un nome (porre un marchio), con un atto esplicito e definitivo, a una tale condizione, per dissipare ogni dubbio, riflessione e destabilizzante introspezione, e sottraendosi da ogni responsabilità critica.
E se per astratto, avessimo la matematica e assoluta certezza, della relatività di una vita fine a se stessa, per quale singolare motivo, dovremmo educare i nostri figli, ho inculcare loro il senso di giustizia, scale di valori e principi etici? E poi, che ne sarebbe, degli ideali, delle regole civili e del domani? Solo caos e follia suicida.
Le nostre moderne società relativiste senza futuro, vanno in questa direzione.
In verità, tutti noi, nel profondo del nostro cuore, siamo consapevoli di una nuova dimensione oltre la vita.I più recalcitranti materialisti che, proprio in virtù del loro atteggiamento mentale, cercano di esorcizzare la paura del dopo, sono i più sinceri, coraggiosi e fedeli sostenitori dell’eternità.
Negare Dio, è affermarne l’esistenza. Proprio in virtù di questo contrasto logico, Dio esiste. <com'è vero che esisto io>. Buonanotte scappo a dormireee (la mattina arrivo sempre + tardi a lavoro). Vi voglio bene. ♥
Sono due diverse “interpretazioni” (visioni) che, nella sostanza, negano entrambi la sua esistenza.
Dio non è un ragionamento razionale, ne la supina accettazione del mistero indotta dalla paura del dopo, ma un’estasi.
E’ la contemplazione disincantata e libera di una realtà che trascende da ogni pregiudizio e preconcetto, dottrina o superstizione e si manifesta in tutta la sua grandezza e bellezza quando il cuore vola oltre le parole, per aprirsi alla maestà dell’infinito.
Siamo sommersi a tal punto dall’evidenza di Dio da non accorgersi della sua incombente presenza.
Come l’aria che respiriamo e che non vediamo, così Dio esiste. E’ l’ultimo aborigeno dell’emisfero australe, chiuso al buio della sua caverna, e invisibile agli occhi del mondo. Ma quest’uomo esiste.
Dio è scoperta e ricerca. E’ quella passione sfrenata che conduce alla misura di ogni cosa, dentro un equilibrio appagante, edificante e rigenerante. Non nutre speranze, ma da certezze. Dio è pura conoscenza. Un bisogno supremo di devozione e pacificazione spirituale che ci scuote dal torpore delle nostre miserie. Dio è attenzione, concentrazione, impegno costante e, prescinde da ogni considerazione soggettiva, prova logica e traduzione empirica. Dio non è intelligenza divinatoria, ma sobrietà - non è numero o parola, ma afflato.
Negare la sua esistenza, corrisponde a non riconoscere la vita dalla morte e cancellare quel confine imperituro (assunto, all’origine, a parametro assoluto di riferimento), che si frappone fra il bene al male, il vero e il falso, la luce e il buio.
Il credere e il non credere, sono le due facce di una stessa moneta coniata dalla Sua stessa mano. Provare sentimenti di giustizia, di solidarietà e fratellanza, sono alcuni degli effetti straordinari della sua imperturbabile presenza.
Così, chi nega, si pone a supremo giudice e attore del proprio destino, mortificando le ragioni del suo stesso esistere. All’opposto, chi crede, rinuncia alla verità, piegandosi all’ombra di un mistero che, per quanto mi riguarda, è palese.
Negare Dio, solo Dio lo può fare.
Chi mai può separare la sua fede dai suoi atti, e il suo credo dal suo lavoro? “Chi porta la sua moralità come l’abito più bello, meglio sarebbe se se ne andasse nudo”.Dio, non è, ogni azione e ogni considerazione ma, come la sorpresa e lo stupore, il dolore e la gioia, il desiderio e l’amore, Dio è – rendendo così, vana, qualsiasi disputa, antagonismo e contrapposizione.
In Dio si può credere e di Lui dubitare, ma la fede spera e il dubbio consuma.
La visione atea, che potrebbe essere interpretata come un atto di sconfinata presunzione è, (diversamente da quanto si pensi), l’estrema ratio, indotta dalla paura del dopo. Un lacerante e disperato bisogno, di dare un nome (porre un marchio), con un atto esplicito e definitivo, a una tale condizione, per dissipare ogni dubbio, riflessione e destabilizzante introspezione, e sottraendosi da ogni responsabilità critica.
E se per astratto, avessimo la matematica e assoluta certezza, della relatività di una vita fine a se stessa, per quale singolare motivo, dovremmo educare i nostri figli, ho inculcare loro il senso di giustizia, scale di valori e principi etici? E poi, che ne sarebbe, degli ideali, delle regole civili e del domani? Solo caos e follia suicida.
Le nostre moderne società relativiste senza futuro, vanno in questa direzione.
In verità, tutti noi, nel profondo del nostro cuore, siamo consapevoli di una nuova dimensione oltre la vita.I più recalcitranti materialisti che, proprio in virtù del loro atteggiamento mentale, cercano di esorcizzare la paura del dopo, sono i più sinceri, coraggiosi e fedeli sostenitori dell’eternità.
Negare Dio, è affermarne l’esistenza. Proprio in virtù di questo contrasto logico, Dio esiste. <com'è vero che esisto io>. Buonanotte scappo a dormireee (la mattina arrivo sempre + tardi a lavoro). Vi voglio bene. ♥