Isaia è senza alcun dubbio un uomo della provvidenza,nel senso in cui si trova a scrivere nel posto giusto al momento giusto.La redazione della sua opera è ufficialmente collocata dagli storici al termine della lacerante guerra siro-efraimitica,un conflitto lungo e distruttivo nella storia millenaria di Israele.Nel testo si può fortemente sentire una vocazione pacifista,assieme ai classici filoni della storia di Israele,il filone dinastico-regale (la discendenza davidica del Messia a venire) ed il filone escatologico (il nuovo regno messianico) che si fonde col primo filone in questione.Questo perchè Isaia intende l'era messianica come un tempo in cui la totale e diffusa conoscenza del divino instauri negli uomini e nelle bestie un totale appagamento,e dunque una globale forma di pacificazione.
Gli ebrei ellenizzati che scrissero i vangeli ben conoscevano Isaia,inserendo nella prospettiva Cristologica ciascuno di questi temi evidenziati.Cristo discende da Davide,Cristo predica la pace fra gli uomini...ma il regno messianico del Cristo non è di questo mondo.Il regno messianico del Cristo è nei cieli.
Cosa pensare??Che l'unico modo di conoscere Dio per il cristianesimo è morire,come tra l'altro ha a lungo sostenuto la filosofia Scolastica??Allora che spazio minimo di felicità rimane al nostro mondo??Che speranza abbiamo?Il giudizio universale??Se Isaia ci restituiva l'Eden,per il Cristianesimo è impossibile scontare questa colpa se non morendo??